Matteo, il bambino che riconosce il mondo senza vedere
Un viaggio di crescita e autonomia: la storia di Matteo, che grazie al supporto e al percorso educativo-riabilitativo personalizzato impara a riconoscere il mondo oltre il buio.
Quando Matteo nasce, la sua mamma Maria si accorge subito che qualcosa non va: «Guardate che il mio Matteo non apre gli occhi». Nonostante la confusione di un cesareo d’urgenza e il trasferimento in ospedale, questa frase diventa un mantra ripetuto ai medici. La diagnosi arriva presto: anoftalmia congenita. Matteo non ha il bulbo oculare e i nervi ottici non si sono sviluppati. Non vedrà mai.
Matteo cresce in una piccola comunità delle Marche, a Sefro, insieme alla sua famiglia. La sua vita è fatta di riabilitazione: quattro volte a settimana incontra fisioterapista, psicomotricista e logopedista. Parla poco e fatica a costruire frasi, ma i medici sono fiduciosi: sente bene e, se stimolato, può migliorare. La musica diventa la sua passione: una onlus regala a Matteo un pianoforte e lui, emozionato, fa correre le dita sui tasti, imita i suoni delle canzoni e si esibisce con un microfono come un vero artista, sostenuto dalla mamma e dalla sorella.
Nel 2019 la famiglia arriva a Osimo per una prima visita. L’anno dopo, Matteo affronta il suo primo intervento precoce alla Lega del Filo d’Oro. Qui, un’équipe interdisciplinare di educatori, medici, psicologi e terapisti individua le sue abilità residue e costruisce un programma educativo-riabilitativo personalizzato per trasformarle in punti di forza. La costanza negli esercizi è fondamentale: ogni conquista va mantenuta, altrimenti rischia di andare persa. Su consiglio della Fondazione, la famiglia crea a casa un angolo protetto dove Matteo può muoversi in autonomia, senza ostacoli e senza bisogno di un adulto.
Tra le attività preferite di Matteo ci sono il “gioco dei travasi” – spostare pasta o legumi da un contenitore all’altro usando imbuti, palette e cucchiai – e la “caccia al tesoro”, alla ricerca di piccoli oggetti nascosti tra stoffe o materiali morbidi. Questi giochi, apparentemente semplici, sono in realtà esercizi preziosi per allenare il tatto, esplorare l’ambiente e imparare a riconoscere forme e confini.
A scuola, Matteo è circondato dall’affetto dei compagni, che si trasformano in piccoli maestri: lo accompagnano, gli portano i giochi, lo aiutano a orientarsi e lo incoraggiano a esplorare. La sua insegnante di sostegno segue le indicazioni della Lega del Filo d’Oro, costruendo un percorso su misura. In famiglia, Matteo è il “piccolo di casa”, un bambino dolce e affettuoso che ama giocare e ricevere carezze. Percepisce il mondo attraverso il tatto e persino l’olfatto: quando il papà lo va a prendere dopo tre settimane di trattamento a Osimo, Matteo lo riconosce dal profumo della barba e lo abbraccia forte.
Maria, la mamma (di origini romene), non ha dubbi: «Rimarremo in Italia per sempre. Qui la disabilità non è mal giudicata e per Matteo c’è un futuro: può avere una vita sociale, andare al parco, frequentare la scuola con altri bambini. In Romania, probabilmente, non avremmo alternative a lasciarlo in un istituto speciale».
Grazie al lavoro della Lega del Filo d’Oro, Matteo ha imparato a usare le mani per esplorare e attivare giochi, a essere curioso verso gli stimoli tattili e sonori, a cercare da solo gli oggetti che desidera. Non aspetta più che gli vengano dati: li cerca, li tocca, li riconosce, li sceglie. È un piccolo grande passo verso l’autonomia e la relazione con gli altri.
Matteo ci insegna che, anche quando il buio sembra prevalere, si può imparare a riconoscere il mondo con il cuore, le mani e l’amore di chi ci sta accanto, grazie anche alla competenza e alla passione di chi - come i professionisti dell’équipe interdisciplinare della “Lega” - sa come ridare colore ad un progetto di vita che rischiava di essere solo in bianco e nero. La sua storia è una promessa di futuro, costruita giorno dopo giorno insieme alla Lega del Filo d’Oro.
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